Siamo seduti al bar, a guardare la vita che passa velocemente davanti a noi. La gente fretta, le luci dei neon, il rumore della città. Sembra tutto così normale, così quotidiano. Ma a volte, nonostante tutto, non riusciamo a scacciare il pensiero che qualcosa sia andato storto.

Ecco perché sono qui, a questo bar, con quest’uomo che non conosco. Lui si chiama Elio, e ha un passato che somiglia alla mia. Un passato pieno di rabbia, di morte e di fame. Ci siamo conosciuti in prigione, dove ciamo trascorsi anni della nostra vita. Lì dentro, siamo diventati qualcosa di più che amici: siamo diventati fratelli.

Elio mi guarda con gli occhi grigi che sembrano contenerne tutti gli abissi del mare. “Fem_b11, cosa vorresti sapere?” mi chiede con una voce che suona come un’alba in primavera. Io mi siedo un po’ più vicino, sentendo il calore della sua presenza. “Voglio sapere”, gli rispondo con un tono deciso, “chi sei, cosa sei diventato e cosa vuoi fare della tua vita.”

Elio sorride, e per un momento, il suo volto si illumina di una luce che riesco quasi a toccare. “Fem_b11”, mi dice, “siamo entrambi il prodotto di un sistema che non ci vuole bene. Ma noi non siamo soli. Siamo due persone che si sono trovate in un luogo incredibile, un luogo dove il tempo è status e il denaro è dio. Ma noi siamo qui per dire che non siamo contenti. Che non siamo felici di vivere nostro genere”.